We.Tiko

2021 ✶ era we.tiko

In molte tribù Algonchine, native del Nord America, il demoniaco spirito cannibale che appariva nei periodi di carestia viene chiamato "Wetiko". Uno spirito avido ed esaltato, predatore dei suoi stessi simili – caratteristiche che i nativi intravedevano nell’attitudine disarmonica e distruttiva dei nuovi famelici ospiti.

L’era odierna ci pone nuovamente di fronte a una vecchia evidenza: un “fantasma” è tra noi e, nonostante si sia esaurita la stagione della conquista territoriale, restiamo ancora le potenziali vittime del suo gioco.

Un gioco obbligato in cui la posta è alta e i vincitori rari.

Laddove tutto è già pervaso e ognuno recita il proprio copione, dare un nome e un volto a questo spirito, rinnovato ma antico, ci è utile per innestare un dialogo con lui; per questo nella nostra allegoria, il beffardo “Wetiko” acquisirà le sembianze di un Dodecaedro Stellato, dorato e rotante. Oggetti geometrici pregni di elucubrazioni che Maurits Cornelius Escher racconta così: «Essi simbolizzano il desiderio di armonia e di ordine dell’uomo, ma nello stesso tempo la loro perfezione desta in noi il senso della nostra impotenza».

K^B°B° Orchestra

𝗞^𝗕°𝗕° cerca un rituale, nuovo e antico allo stesso tempo, dove si suona per danzare e si danza per suonare.

𝗞^𝗕°𝗕° ruba suoni voci movimenti e immagini dalla contemporaneità.

𝗞^𝗕°𝗕° miscela e interroga i confini tra esotico e familiare rivelando il lato mostruoso che si cela in ognuno di noi: la sensazione di indossare una maschera la cui docilità è garantita da mal celati rapporti di forza.

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𝗞^𝗕°𝗕° esorcizza il Mondo, passando a setaccio l’ingranaggio sociale e i gangli che abitiamo, col sorriso beffardo delle "maschere" - ballerini, musici e sciamani - intraprendendo un viaggio/allegoria della vita in una rappresentazione instabile, arrogante, barocca, mutevole, eppure eterna.

𝗞^𝗕°𝗕° crea una Festa vera, senza fine, dentro la festa quotidiana poco fine delle nostre vite sacrificate all’altare del consumo.

𝗞^𝗕°𝗕° offre la possibilità di osservare, esterni, gli effetti di una festa mortale; e al contempo, interni, partecipare al funerale della vita: l'unica tragedia che ci rappresenta e che sarà possibile mettere in scena, condividere e ricordare di noi.

Prossimi riti

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Manifesto revisione #3

Le parole che stai per leggere hanno un autore, ma non appartengono a nessuno. Sono di tutti e per tutti. Considerale come uno strumento per costruire la realtà. Non descrivono qualcosa, la fanno.

Mi presento: sono un Manifesto. Un programma descrittivo e prescrittivo, evidente sotto gli occhi di tutti e soggetto a critiche, ripensamenti, riscritture e negazioni. 

Non rientro in una categoria, non sono destinato a un certo pubblico; non sono scientifico, artistico o politico. Voglio invece, per mia natura, diventare un possibile Manifesto Umano di qualsiasi epoca, includendo anche ciò che questo tempo considera irrilevante. Tutti dovremmo essere conoscitori, creatori e governanti della nostra vita nella sua interezza. 

Proviamo assieme a spiegare la realtà in cui siamo immersi e il modo in cui cambiarla al meglio.

Io e qualsiasi te ci muoviamo in un mondo a modello capitalista. 

Il continuo accrescimento del sé ha preso il sopravvento e "l’apparenza" ne è il principale fondamento. Il reale è sostituito da una farsa permanente: l’individuo è un account, la comunità un network. Ogni azione possibile è ora visualizzabile, misurabile, acquistabile.

In questo sistema l’umanità è sconfitta e sfigurata. 

Noi tutti, io e qualsiasi te compresi, non possiamo più tollerarlo. Siamo chiusi dentro un congegno che dobbiamo aprire dall’interno, osservarne i meccanismi ed imparare a disinnescarli. Per far ciò dobbiamo condividere con tutti la conoscenza che abbiamo raggiunto ed accogliere l’aiuto di chi ha intrapreso il nostro stesso cammino. 

Sappiamo dove e quando cominciare: qui ed ora. Il “come” sta solo alla volontà delle anime che faranno proprio questo invito.

Siano questi punti il primo passo per raccogliere la nuova energia che vogliamo diffondere nella nostra quotidianità nella forma suggerita del Collettivo: un gruppo di persone - una piccola comunità - che si apre a piccoli passi al mondo. 

 

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  • L’odierno deve essere rimesso in discussione. Bisogna osservare e criticare le opposte dimensioni della nevrosi quotidiana - l’individuale e il comunitario. Partendo dall’analisi storica, la critica non può che essere radicale per incidere nel reale.

  • Le idee devono essere continuamente sommosse. Dobbiamo sempre stimolarci, emotivamente e criticamente, per non cadere nella stagnazione.

  • Distruggiamo la suggestione capitalista che ha legato la comunità umana al processo valoriale: siamo persone, non risorse. 

  • II progresso incondizionato ci ha trasformati in un costo da valutare, l’unico modo per tornare umani è negare il loro progresso. Ogni nostra azione deve essere gratuita e condivisa. 

  • Il lavoro salariato, professionale e razionale è il metro di giudizio della nostra moralità. Chi non rientra in questo schema ne è escluso. Ricordiamo a noi stessi e agli altri che la bontà e l’utilità del nostro fare non possono essere quantificate.

  • Rifiutiamo l’elitarismo in favore di una disgregazione dell’egemonia dei talenti. Virtù e merito, declinati nella competizione, sono ora a salvaguardia delle gerarchie sociali esistenti. Tutto ciò comporta il perpetuare dei vincitori e dei vinti.

  • Distruggiamo i ruoli specializzati per considerare le possibilità della vita nella sua totalità. Competenze e punti di vista siano condivisi senza alcuna gerarchia.

  • L’autogestione è l’unico metodo di azione possibile. È necessario includere orizzontalmente sempre più persone nell’ottica di un’ultima internazionale del genere umano. 

  • Celebriamo il caso e le sue infinite molteplicità. Quello in cui viviamo non è il migliore dei mondi possibili. Niente è determinato e ineluttabile, tutto è in divenire e mutabile.

  • Re-integriamo collettivamente l’empatia per ricostruire un’entità sociale collettiva. Rendiamo prioritaria la nostra capacità di ascolto per un’azione realmente organica.

  • Dobbiamo distruggere la separazione tra arte e realtà, a favore di una realtà che sia un continuo stato dell’arte. 

  • Il tempo della festa è finito, è ora che cominci una festa senza fine.